LAVORAZIONE DEL PRODOTTO:  Esclusivamente manuale.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Al latte intero di podolica filtrato e riscaldato a 36-38°C, si aggiunge caglio di capretto in pasta (circa 30 gr./q.le) e, quando la cagliata raggiunge la giusta consistenza, si procede alla rottura con un bastone di legno (miscu) o con le mani.Si tratta quindi di una rottura poco energica e molto grossolana, effettuata a freddo ed al termine della quale devono coesistere grani della grandezza della fava e del granturco. Se necessario al momento della raccolta della cagliata si da la “calda”, cioè la giusta temperatura, per consentire l’ottimale coesione dei grani. L’incremento di temperatura è ottenuto mediante aggiunta, direttamente in caldaia, di acqua a 85-90°C. Segue il riempimento delle fiscelle senza alcuna operazione di “frugatura” ma con una lieve pressatura eseguita con le mani. Le forme vengono rivoltate dopo alcuni minuti e successivamente calate in siero caldo (circa 60°C) per favorire la chiusura della pasta. Dopo 8-10 ore dalla fine della lavorazione il formaggio viene tolto dalle fiscelle e cosparso con sale fino su tutta la superficie. Una seconda salatura viene eseguita dopo 24 ore dalla fine della lavorazione.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a settembre.

territorio = TUTTE

INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino di razza podolica allevata al pascolo, sale, caglio.

FORMA: Cilindrica leggermente schiacciata.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MESIO: 500-700 gr,

SAPORE: Dolce di latte appena munto.

ODORE: Delicato.

COLORE: Bianco.

AREA DI PRODUZIONE: Crotonese e Comune di Borgia (CZ).Il rasco ha antiche origini individuabili nel caseificio vaccino delle grosse mandrie di podolica (vaccarizzi), dove era prodotto in alternativa alle paste filate quali il caciocavallo, i butirri ed il fior di latte. Questo formaggio era considerato un prodotto di pregio da dare in omaggio in particolari occasioni quali le festività natalizie.I proprietari delle mandrie, rappresentati in Calabria da nobili proprietari terrieri, ordinavano ai propri “caporali”, un certo quantitativo di raschi ottenuti in più lavorazioni successive.poichè si usava “rascare la caldaia” o “fare la rascata”, il prodotto che si otteneva era il Rasco, cioè quella parte di coagulato che veniva raschiato, nel senso di tolto via, mentre la rimanente cagliata veniva normalmente lavorata a pasta filata. Da qui l’origine del nome che troverebbe la sua radice dal verbo “rado-radere” che diventava “rascolare” in latino volgare.Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto in testi calabresi di storia delle tradizioni popolari.

Rasco

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