uova

Sguta (‘nguta)

Il giorno di pasquetta (lunedì dell’Angelo) viene realizzata nel Comune di Siderno (RC) la sagra della Sguta.Nel periodo che precede la Pasqua e nel giorno di pasquetta la sguta viene consumata con fave e soppressata, capicollo, lardo, caciocavallo di Ciminà. Il gusto dolce della sguta esalta il gusto salato e piccante dei salumi e il gusto amaro delle fave.

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Scalille (Scaliddri)

scaliddri
scaliddri

Questi dolci, tipicamente delle zone del cosentino, fanno ormai parte della tradizione dolciaria natalizia. Consumati freddi vengono solitamente accompagnati da liquori dolci o vini liquorosi. Presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esiste la documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto.

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Sammartine (Pitte)

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.

TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si macinano i fichi, si amalgamano con gli altri ingredienti, si impastano con il vino cotto e si fa riposare il tutto per un giorno. si prepara la pasta esterna, si fanno le forme e si mettono in forno.

sammartine

PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di gennaio.

CONSERVAZIONE: Il prodotto si presta a lunga conservazione in luogo asciutto.

territorio = RC

INGREDIENTI UTILIZZATI: Impasto: fichi secchi, noci, mandorle, uva passa, zucchero, garofano, cannella, vino cotto, buccia di mandarino, liquore. Pasta esterna: farina, zucchero, uova, strutto.

FORMA: Varie.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: 50-70 gr.

SAPORE: Semidolce.

ODORE: Gradevole.

COLORE: Bianco sporco.

AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (Provincia di Reggio Calabria).Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della Locride.

Raffioli

I rafioli originariamente venivano consumati come dolci tipici delle feste di matrimonio delle donne nobili, ma venivano anche degustati con il vino che una volta era chiamato “Greco di Gerace” (l’attuale Greco di Bianco a Denominazione di Ogirine Controllata), un passito molto pregiato che veniva prodotto nelle colline antistanti Gerace.

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Pizziccull’ova

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

pizzacculoviTECNICHE DI LAVORAZIONE: In una terrina sbattere 6 uova. Aggiungere lo zucchero ed il latte e successivamente, il lievito, lo strutto e la vaniglia. Setacciare la farina e lasciarla cadere a fontana sulla spianatoia. Disporre al centro l’impasto precedente. Impastare delicatamente, formare una pasta e lasciarla riposare per circa 6 ore, impastare ancora velocemente e formare delle pagnottelle adatte “pupille” e sistemare nel centro delle uova fresche, pressando lievemente. Lasciare riposare le forme per altre 4 ore. Ungere d’olio le teglie, infarinare e disporre le forme. Passare in forno a 200°C per il tempo necessario.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

CONSERVAZIONE: Circa 20 giorni.

territorio = CS

INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, zucchero, uova, lievito, strutto, latte e vaniglia.

FORMA: Ovale.

DIMENSIONI MEDIE: Varie.

PESO MEDIO: 100 gr.

SAPORE: Dolce.

ODORE: Delicato.

COLORE: Giallo.

AREA DI PRODUZIONE: Amantea – Belmonte Calabro (CS).Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del basso tirreno cosentino.

Pitta ‘mpigliata o ‘mbigliulata (Pitta ‘nchiusa, Pitta ccu passuli)

pitta 'nchiusa
pitta ‘nchiusa

Sono state trovate tracce di questo dolce nuziale in un documento notarile che risale al 1728. Si tratta di un contratto di matrimonio stipulato tra i coniugi Giaquinta di San Giovanni in Fiore che acconsentono di dare in sposa la propria figlia al possidente Battista Caligiuro, alle condizioni che: “…a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranso dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta…”.

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Pignolata con glassa bianca e al cioccolato

LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.

Pignolata_glassa_bianca_e_cioccolato

 

 

 

 

 

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Pignolata al miele (Napiteddhi)

Pignolata_miele(Napiteddhi)

“Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello  strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati (napiteddhi)”

da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni, pubblicato su Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58. Citata in:

  • “L’aristocrazia dei cibi”, Luigi Veronelli nel supplemento al n. 1211 di EPOCA 1973, Mondatori Milano;
  • “Reggio Calabria arcobaleno d’Italia”, a cura dell’A.A.S.T., Reggio Calabria 1955.

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